Sant’Anna dei napoletanacci


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Un’orda di mao mao che dopo la festa doveva sfogare i suoi istinti tribali, con relativi carrozzini e sfilza di infanti che non superavano gli 8 anni, pantaloncini bermuda su un corpo che al massimo raggiunge il metro e cinquanta di altezza, infradito ai piedi, canotta firmata, gadget vari presi sulle bancarelle dei quartieri o di periferia, si è riversata all’1,30 di notte nel Calise di Ischia, mettendo a soqquadro tavolini, sedie, bicchieri, bottiglie e quant’altro e prendendo più di una volta per il cravattino i poveri camerieri che già avevano alle spalle ore di lavoro, perchè non volevano pagare o volevano sì pagare, ma quello che dicevano loro. Infine mi hanno sobbissato di richieste neomelodiche che io puntualmente ho disatteso, creando ancor di più un clima di nervosismo tra coloro che fisicamente si presentavano con l’aspetto di tanti cloni di Marco Marfè. Tutto questo fino alle 4 del mattino, quando ho chiuso le porte del gazebo e sono sgattaiolato fuori per una uscita secondaria per evitare di essere assalito, verbalmente e fisicamente. 
Questa è la mia festa di S. Anna da 6 anni a questa parte. 
Morale? “Speravo che piovesse fino a mezzanotte”…

Don Giuseppe Iacono

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