L’acqua è buona lo scrive l’EVI


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Massimo Coppa – In merito al servizio di copertina del settimanale “L’Espresso” sulla qualità dell’acqua in Campania, da un mass media isolano ripreso in maniera totalmente distorta e collegato assurdamente alla realtà dell’isola d’Ischia, bisogna precisare che vengono fatte affermazioni totalmente prive di fondamento e dalle conseguenze gravissime, a cominciare dall’allarme sociale che ne deriva.L’inchiesta dell’“Espresso” si basa su uno studio delle forze armate americane datato e di cui si è già parlato in passato.Quello studio riguarda pozzi privati e falde acquifere superficiali di alcune zone della Campania dove abitano i militari americani. Non c’è alcuna connessione con la qualità dell’acqua distribuita dalle reti idriche e dagli acquedotti.L’acqua distribuita sull’isola d’Ischia proviene dalla terraferma attraverso tre condotte sottomarine e, oltretutto, non nasce dalle zone “incriminate”, né tantomeno dalla cosiddetta “Terra dei fuochi”, ma viene in larga parte da Cassino (nel Lazio!), attraverso l’Acquedotto della Campania Occidentale (che fu realizzato grazie all’impegno del compianto Enzo Mazzella) e, per il resto, dall’avellinese.

Sin dalla sua nascita, nel 2000, l’EVI spa ha sempre cercato di promuovere l’utilizzo dell’acqua di rubinetto e la limitazione o l’abbandono dell’acqua minerale in bottiglia. L’unico motivo accettabile, per preferire la minerale, è nella sua effervescenza o nel gusto; ma non ha alcun fondamento rifiutare l’acqua distribuita dall’acquedotto pubblico per paura che sia “inquinata”.Confortati dal parere di associazioni, aziende, esperti e medici nefrologi, oltre che delle autorità sanitarie, da sempre sosteniamo (in diffusa compagnia) che l’acqua distribuita dai circuiti acquedottistici italiani è di ottima qualità fisica e minerale, e dal punto di vista batteriologico e chimico è monitorata e controllata con una frequenza elevatissima, specialmente rispetto alle analisi effettuate per le sorgenti di acqua minerale per imbottigliamento.L’EVI spa effettua continuamente analisi sull’acqua distribuita (che, a sua volta, è già stata analizzata alla nascita, lungo il percorso ed al punto di partenza delle condotte sottomarine), prelevandola da vari punti del territorio servito, con particolare attenzione verso le scuole, le fontanine, l’ospedale ed i serbatoi direttamente gestiti. I parametri analizzati sono tantissimi. Di seguito si riportano i più significativi, con i valori medi e i valori massimi previsti dalla legge. L’acqua distribuita dall’EVI presenta, quali caratteristiche fisiche principali, una durezza di circa 37 Gradi Francesi (i valori accettati vanno da 15 a 50); il residuo fisso a 180 gradi è inferiore a 500 (il valore limite è 1500).Il Ph oscilla tra 7 e 7,93 (deve essere compreso tra 6,5 e 9,5).L’acqua è inodore, incolore e insapore, come dev’essere.La conduttività va da 620 a 759 (valore limite: 2500).

Il fluoruro oscilla da 0,04 a 0,2 (limite: 1,5).

Il piombo va da 0,90 a 1 (limite: 10).

Il nitrato spazia da 4 a 5 (limite: 50).

L’arsenico va da 0 a 1,77 (limite: 10).

Come si vede, quindi, tutte le sostanze ed i minerali contenuti nell’acqua sono enormemente al di sotto dei limiti di legge.

Tutte le altre sostanze, compresi metalli e veleni, sono presenti in maniera minima o talmente infima da essere addirittura inferiori ai limiti di rilevabilità, cioè sono impossibili da riscontrare analizzando l’acqua.

Il cloro residuo è a livelli quasi inesistenti.I coliformi fecali, l’Escherichia Coli e tutti i tipi di batteri sono totalmente assenti. L’acqua distribuita dall’EVI, quindi, è totalmente adatta al consumo umano a tempo indeterminato. E’ cioè microbiologicamente pura, e potabile anche per le sue caratteristiche chimico-fisiche.

L’Italia è tra i Paesi che consumano più acqua minerale. È prima in Europa e terza nel mondo, dopo Arabia Saudita e Messico: luoghi, cioè, dove obiettivamente esiste un grosso problema di scarsità (Arabia) e di potabilità (Messico).

Quindi, date le premesse, non si capisce per quale motivo gli italiani siano poco affezionati all’acqua del rubinetto. Il nostro Paese è leader mondiale nella produzione di acqua minerale, grazie alle splendide e diffuse sorgenti che esistono dappertutto: nel 2011 sono stati imbottigliati, in Italia, ben 12,35 miliardi di litri; ma nei confini nazionali ne sono stati consumati 11,32 miliardi! È un giro d’affari di oltre due miliardi di Euro per 304 marche di acqua.

Questa circostanza, come sottolineato al World Water Forum dell’anno scorso, comporta anche un danno ambientale notevole: c’è infatti il problema di smaltire sei miliardi di bottiglie di plastica ogni anno. Una quantità immane, che solo in piccola parte (purtroppo) viene riciclata correttamente; il resto inquina la terra, i fiumi ed il mare, oppure deve essere smaltito in discarica, con costi ambientali ed economici altissimi, che si riverberano indirettamente sui bilanci dei Comuni e, quindi, finiscono nella tassa per i rifiuti, pagata dai cittadini.

Senza contare che l’acqua minerale ha un prezzo tutt’altro che trascurabile. In media una confezione di sei bottiglie, per appena dodici litri complessivi, costa due Euro.

Per due Euro, tariffe EVI alla mano, un’utenza domestica residente sull’isola d’Ischia ha diritto a settemila litri (sette metri cubi) di acqua del rubinetto perfettamente potabile! Il divario, come si vede, è clamoroso.

Ma perché gli italiani sono così affezionati all’acqua minerale? Due sono le risposte possibili.Innanzitutto per il gusto: la varietà di marche e di caratteristiche accontenta ogni palato ed ogni necessità, anche di salute (come nel caso di persone che devono bere acque povere di sali).

Poi c’è una sorta di diffidenza verso la qualità dell’acqua erogata dalle reti idriche. Questa riserva mentale risale agli anni Ottanta del Novecento, quando fu scoperto che alcune falde acquifere, al Nord, erano state contaminate da atrazina, molinate e bentazone: pesticidi e diserbanti massicciamente utilizzati in agricoltura. Da allora si è diffusa una psicosi assolutamente immotivata ma che, incredibile a dirsi, si è sedimentata nell’immaginario collettivo e nella coscienza di massa, producendo istintivamente, anche nelle nuove generazioni, una sorta di prudente rifiuto. Questa situazione viene adesso aggravata dal servizio dell’”Espresso” basato su dati triti e discutibili.

In realtà, se non ci sono motivazioni legate al gusto, possiamo lasciar perdere l’acqua minerale e consumare quella del rubinetto senza alcun tipo di preoccupazione. Risparmieremo soldi, risparmieremo tempo e fatica per comprarla e portarla a casa, risparmieremo di inquinare con i vuoti e faremo risparmiare soldi alle aziende di igiene urbana che dovranno smaltirli, con dirette conseguenze sull’entità della tassa rifiuti.

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