Ventimila euro di multa agli abusivi del mattone…


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Gennaro Savio – Nel cosiddetto decreto “sblocca Italia”, che nella denominazione vorrebbe far cedere ad un provvedimento utile al rilancio sociale ed economico del nostro Paese da considerarsi ormai la “Cenerentola” d’Europa e il cui popolo è sempre più sfiduciato e affamato, Matteo Renzi, il Presidente del Consiglio non eletto dal popolo ma nominato dalla casta per poter difendere gli interessi delle potenti lobby nazionali ed europee della grande finanza, ha introdotto un nuovo salasso economico per le famiglie che negli anni sono state costrette dallo Stato inadempiente a costruirsi abusivamente una casetta per potersi coprire la testa. Si tratta di una sanzione pecuniaria la quale per chi ha commesso anche un insignificante abuso, sull’isola d’Ischia ammonta a ventimila euro come ci ha spiegato l’Avvocato Bruno Molinaro. L’Avvocato Molinaro ha sottolineato che la norma non solo non fa distinzione tra abuso speculativo e quello di necessità, ma neppure tra piccolo e grande abuso. “La disposizione, a mio avviso – ha dichiarato l’Avvocato Bruno Molinaro – più dirompente sul versante dell’edilizia sanzionatoria è quella di cui all’articolo 17 (CAPO V, MISURE PER IL RILANCIO DELL’EDILIZIA), lettera q-bis, secondo cui: All’articolo 31, dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti: 4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. 4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico. 4-quater. Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione . La novità ha del clamoroso per un duplice ordine di ragioni: 1. Il legislatore non ha introdotto una ipotesi di oblazione con effetti estintivi dell’illecito edilizio, con la conseguenza che l’ordine di demolizione sarà pur sempre eseguibile anche in caso di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, che, nelle nostre zone, in quanto assoggettate a vincolo paesaggistico, deve essere applicata dal competente funzionario comunale (responsabile dell’ufficio tecnico) nella misura massima di 20.000 euro. 2. La nuova disciplina potrà determinare, nel prossimo futuro, risvolti imprevedibili nella ipotesi, tutt’altro che peregrina, che la regione preveda, con apposita norma, che “la sanzione sia periodicamente reiterabile” qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione. Basti pensare che, solo nell’arco di un quinquennio, laddove l’inottemperanza del contravventore persista, la sanzione potrà lievitare sino ad un massimo di 100.000 euro.

A fronte di una simile situazione, i comuni potrebbero paradossalmente non avere avere più interesse a demolire l’opera abusiva in quanto la disubbidienza reiterata del contravventore permetterebbe di rimpinguare le loro casse notoriamente bisognose di liquidità sia per i debiti accumulati nel corso degli anni, sia per i tagli al welfare e per la progressiva riduzione dei trasferimenti erariali.

È pur vero che la legge stabilisce che i proventi delle sanzioni debbano essere destinati alla copertura delle spese occorrenti per le demolizioni di ufficio, per la rimessione in pristino dello stato dei luoghi e per l’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico, ma è altrettanto vero che, come dimostrato dalle esperienze passate, non sempre la distrazione o l’elusione dei vincoli di scopo, accompagnata dall’impiego distorto del pubblico denaro, ha trovato concrete ed adeguate sanzioni nella realtà amministrativa, soprattutto degli enti locali. Per Ischia, la questione assume particolare rilevanza se sol si considera che alcuni comuni sono in ritardo di oltre due anni nella attività di notifica delle ordinanze di demolizione per difficoltà legate a carenze di organico e ad impegni di varia natura anche nell’ambito dei rapporti con la polizia giudiziaria e la Procura.Da quanto si è appreso, il numero delle ordinanze da notificare, soprattutto se riferite a vecchi abusi non coperti da istanze di condono, è tutt’altro che esiguo e, dunque, il fenomeno può assumere dimensioni oltremodo significative. Altro particolare non trascurabile è, poi, quello della assenza di ogni discrezionalità nella irrogazione della sanzione che – sorprendentemente – troverebbe applicazione anche per gli ordini di demolizione aventi ad oggetto interventi edilizi minori, come, ad es., la realizzazione di uno sporto, di un balcone, di un muretto di recinzione e – addirittura – anche nel caso “limite” dell’apertura di una finestra. Anche per tali opere, inidonee – per loro natura e caratteristiche – a determinare aggravio del carico urbanistico, ma pur sempre eseguite senza titolo in zona vincolata, l’unica sanzione da applicare sarebbe, dunque, quella della demolizione e della rimessione in pristino dello stato dei luoghi, come previsto espressamente dagli articoli 27 del testo unico dell’edilizia (d.P.R. n. 380/01) e 167 del decreto legislativo n. 42/04 (codice del paesaggio). In tutto questo c’è un però: L’inottemperanza all’ordine di demolizione deve sempre essere accertata e deve risultare volontaria, ovvero non condizionata da fattori ostativi. Secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, è involontaria e, dunque, non colpevole l’inottemperanza ad un ordine di demolizione per un’opera abusiva per la quale sia stata presentata una domanda di condono non ancora evasa. È chiaro che in tal caso, per il combinato disposto degli articoli 38 e 44 della legge n. 47/85, il procedimento sanzionatorio è sospeso, con l’ovvia conseguenza che non può esservi inottemperanza pregiudizievole, risultando il contravventore esonerato per legge dall’obbligo di demolire. Analogamente, non può esservi inottemperanza volontaria laddove il contravventore abbia proposto ricorso al giudice amministrativo e quest’ultimo abbia sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato. Per completezza, va ricordato che, secondo alcune decisioni, si ha inottemperanza involontaria anche nel caso in cui l’opera abusiva sia stata assoggettata a sequestro penale, non essendo il contravventore giuridicamente obbligato a chiedere il dissequestro all’Autorità Giudiziaria al fine di poter dare spontanea esecuzione all’ordine di demolizione nel termine assegnato. Una notazione finale si impone in relazione ai possibili riflessi della applicazione della sanzione pecuniaria sul piano strettamente costituzionale. È evidente, infatti, che l’attivazione di tale sanzione, specialmente se reiterata nel tempo a fronte di verbali di inottemperanza redatti “a cascata”, potrebbe essere sospettata di illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 23 e 53 della Costituzione, in quanto finirebbe per tradursi in un vero e proprio TRIBUTO, avente natura di tassa finalizzata al finanziamento della spesa pubblica, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e senza distinzione alcuna in relazione alla capacità contributiva e alla natura degli interventi realizzati”. Sin qui le dichiarazioni dell’Avvocato Molinaro. Domenico Savio, Segretario generale del Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista, che da sempre si batte per la difesa della prima casa e per l’immediato abbattimento dell’abusivismo edilizio affaristico-speculativo, ha duramente attaccato Renzi e i partiti che in parlamento, anziché regolarizzare l’abusivismo di necessità, continuano a salassare le famiglie lavoratrici.

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