Rivoluzionaria sentenza del Tribunale di Napoli a favore dell’EVI spa


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Massimo Coppa* – Il ricorso d’urgenza previsto dall’art. 700 del Codice di Procedura Civile non è ammissibile in un caso di interruzione di fornitura idrica dovuto alla semplice morosità dell’utente.È la rivoluzionaria decisione presa qualche giorno fa dal Tribunale Civile di Napoli e che ha visto vincente l’EVI spa,gestore del servizio idrico integrato sull’isola d’Ischia, contro una utente napoletana, proprietaria di una abitazione adibita a casa di villeggiatura nel Comune ischitano di Serrara Fontana, la quale si è vista respingere il reclamo e condannata a pagare le spese processuali.Si è concluso così il procedimento esaminato dal presidente dott. Franco De Risi, dal giudice dott. Pietro Lupi e dal giudice relatore dott.ssa Carla Hubler, che con apposita ordinanza hanno rigettato il reclamo della ricorrente, la quale aveva addotto svariate speciose motivazioni a sostegno del mancato pagamento di diverse fatture.A difendere l’EVI era l’avv. Angela Bassolino.In presenza di una reiterata morosità l’EVI spa aveva sospeso la fornitura idrica; da qui il ricorso dell’utente, che veniva già respinto dal Tribunale in data 31 maggio 2013. La signora presentava allora un altro reclamo, asserendo che non era stata adeguatamente valutata la presenza del cosiddetto “periculum in mora”, cioè il potenziale danno causato da un ritardo nella riparazione di una lesione dei propri diritti.Il Tribunale ha giustamente osservato che “non tutti gli accadimenti legittimano il ricorso alla procedura d’urgenza, altrimenti si dovrebbe ritenere che per queste tipologie di controversie il pregiudizio imminente ed irreparabile risulterebbe automaticamente in virtù della materia trattata” e quindi dovrebbe essere sempre e conseguentemente accolto.Invece, argomentano i giudici, bisogna fare “una valutazione caso per caso del periculum”; però la dimostrazione di questo pericolo va fatta dal ricorrente, che deve indicare “dettagliate ragioni di urgenza, ulteriori rispetto a quelle rappresentate dalla natura della causa, che giustifichino l’utilizzazione della misura cautelare in luogo delle tutele previste in via ordinaria”.In altre parole, se un utente subisce la chiusura della fornitura idrica perché non paga i consumi, non può chiedere che gli venga ripristinata d’urgenza in attesa che venga definita tutta la vicenda in sede giudiziaria, atteso che la ricorrente contesta il contenuto delle fatture ricevute.Questo è un giudizio che, in linea teorica, potrebbe pure vederla vincente; ma che si dovrà svolgere secondo i tempi previsti. Nel frattempo, la ricorrente non ha nessun diritto di riavere l’acqua, visto che è morosa.“Nel caso di specie – si legge nell’ordinanza – difetta il presupposto della gravità ed irreparabilità del danno, potendo la parte evitare la sospensione, ovvero riottenere la fornitura a fronte di pagamento di somme (…) che non costituiscono (…) un pregiudizio irreparabile”; anche perché “è noto l’orientamento che non riconosce l’irreparabilità a danni di natura economica, suscettibili di ristoro. Né osta a tale soluzione la circostanza che si tratti di un bene primario come l’acqua”. E’, quest’ultimo, un argomento-chiave: spesso, infatti, chi non paga l’acqua e se la vede staccare protesta affermando che essa è un “bene primario” a cui non si può rinunciare. L’acqua è un bene primario, certo, ma la cui gestione ha un costo che l’utente deve sostenere, ottenendo in cambio la fornitura del servizio.Oltretutto, nel caso in questione, tutta questa necessità vitale non pare esistere visto che, come chiosa il Tribunale, “trattasi di fornitura ad abitazione che la stessa ricorrente assume come estiva”.L’ordinanza entra però, seppur parzialmente, anche nel merito delle lamentazioni dell’utente morosa: “La ricorrente-reclamante deduce senza provarlo il malfunzionamento del contatore e/o le perdite o illegittimi prelievi e lamenta la lontananza dell’abitazione dal contatore. Sul punto, pur essendo assorbenti le considerazioni di cui sopra, va evidenziato che di eventuale perdita (o prelievo) a valle del contatore, sarebbe comunque responsabile l’utente. Inoltre, se di perdita si trattasse, il consumo che si assume erroneamente registrato riguarderebbe l’intero arco temporale di riferimento e non, come appare, singoli periodi di fatturazione”.Perciò “il Collegio ritiene che una prospettazione così concepita non sia idonea allo scopo di evidenziare il necessario nesso di causalità (…) tra la sospensione della fornitura idrica in residenza estiva ed il pericolo di un danno che deve essere imminente ed assolutamente irreparabile”. L’utente, nei suoi ricorsi, “concentra l’attenzione più sui profili sostanziali, non soffermandosi a descrivere, con la stessa doviziosità, il danno che deriverebbe, né indica perché lo stesso sia irreparabile e non risarcibile, limitandosi ad una generica doglianza di danno ed all’invocazione di principi”.Con questa ordinanza il Tribunale Civile di Napoli conferma la piena legittimità del Gestore del servizio idrico a sospendere la fornitura in presenza di morosità da parte dell’utente. È un altro tassello che conferma la bontà della “tolleranza zero” dell’EVI verso chi non paga l’acqua o, peggio, la ruba, sottraendo risorse alla collettività; risorse assolutamente necessarie per una strategia improrogabile di investimenti sulle reti idriche e fognarie, non solo per salvaguardare e migliorare la qualità del servizio, ma anche in un’ottica di immagine per una località turistica come l’isola d’Ischia.

 

* Resp.le Ufficio Stampa

e Relazioni Esterne EVI spa

 

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